
davvero parlare con gli animali “fa bene”?
benefici psicologici e fisici di parlare con gli animali
Parlare agli animale fa bene? quante volte ci siamo sorpresi a chiacchierare con il cane mentre preparamo la cena o a raccontare la giornata al gatto mentre si acciambella sul divano? È un comportamento universalissimo, quasi spontaneo, che spesso viene liquidato con un sorriso.
Eppure, negli ultimi anni la scienza ha iniziato a studiare seriamente il fenomeno del parlare agli animali, analizzando effetti psicologici, risposte emotive, meccanismi biologici e persino implicazioni cliniche. Il risultato è sorprendente: parlare con il proprio cane o gatto non solo è normale, ma può avere benefici concreti sulla salute mentale e fisica, migliorare la relazione uomo-animale e facilitare educatori, allevatori e veterinari nel loro lavoro quotidiano.
Ma come sempre, esistono anche limiti e possibili fraintendimenti, in particolare legati all’antropomorfismo. Questo articolo indaga il fenomeno con un approccio giornalistico, basandosi su ricerche, citazioni di studi peer-reviewed e testimonianze scientifiche, per capire cosa davvero accade quando parliamo ai nostri amici a quattro zampe.
Perché parliamo agli animali? Una risposta evolutiva e psicologica
Secondo la psicologa tedesca Andrea Beetz, una delle massime esperte mondiali di interazione uomo–animale, “le relazioni con gli animali seguono molte delle stesse traiettorie emotive delle relazioni umane, compresa la comunicazione affettiva” (Beetz et al., Frontiers in Psychology, 2012).
Parlare agli animali non è una stranezza, ma parte di un repertorio comunicativo innato:
la voce cambia tono, diventando più acuta;
utilizziamo frasi brevi, ripetitive;
accompagniamo la voce con gesti morbidi e contatto visivo.
Tutto ciò è stato catalogato come Pet-Directed Speech (PDS), una forma di linguaggio molto simile al baby-talk. Come osserva l’etologa norvegese Anna Ben-Aderet, “gli esseri umani sembrano predisposti a modulare la voce in presenza di creature percepite come bisognose di cura” (Ben-Aderet et al., 2017).
In altre parole: parlare agli animali è profondamente umano.
Non è fuga dalla realtà, né compensazione emotiva patologica: è empatia.
Cosa capiscono davvero cani e gatti quando parliamo?
I cani: significato, prosodia e neuroscienze
I cani vivono da almeno 20–30.000 anni accanto all’uomo. Non stupisce quindi che si siano adattati anche al nostro linguaggio.
Uno studio di riferimento è quello di Attila Andics dell’Università di Budapest (2016), che ha scoperto tramite risonanza magnetica funzionale che i cani “processano separatamente cosa diciamo e come lo diciamo, proprio come fanno gli esseri umani”.
In sintesi:
il contenuto verbale (le parole) viene elaborato nell’emisfero sinistro;
la prosodia (intonazione, emozione nella voce) nell’emisfero destro;
la ricompensa cerebrale si attiva solo quando significato e tono affettivo coincidono.
Questa scoperta ha cambiato il modo in cui educatori e veterinari interpretano la comunicazione vocale con il cane.
Un’altra ricerca fondamentale, pubblicata su Animal Cognition nel 2018 (Benjamin & Slocombe), dimostra che i cani preferiscono ascoltare persone che parlano con un tono affettuoso a loro dedicato rispetto al semplice parlato adulto.
Infine, nel 2024, un nuovo studio condotto dall’Università di York ha mostrato che i cani riescono a estrarre frasi significative anche in flussi di parole monotoni, ma reagiscono molto meglio se la frase è accompagnata da PDS.
In breve:
i cani non capiscono tutto, ma capiscono molto più di quanto pensiamo.
E soprattutto, capiscono come ci sentiamo.
I gatti: più selettivi, più sfuggenti, ma non sordi alla nostra voce
I gatti non sono “piccoli cani”, e la comunicazione vocale con loro ha dinamiche del tutto diverse.
Nel 2022 un team guidato da Charlotte de Mouzon (Université Paris Nanterre) ha dimostrato che i gatti:
riconoscono la voce del proprio umano rispetto a quella di un estraneo;
rispondono in modo più evidente quando sentono il proprio nome (risultati confermati da Saito et al., 2019);
reagiscono a modifiche della prosodia, anche se meno dei cani.
Secondo la fonetista svedese Susanne Schötz, autrice del progetto Meowsic, “i gatti comunicano prevalentemente tramite intonazione e ritmo”, e quindi il modo in cui parliamo influenza la loro risposta emotiva.
In sintesi:
i gatti non comprendono le frasi, ma comprendono tono, intenzione, abitudini e parole chiave.
Non ignorano la voce umana: semplicemente rispondono in modo più sottile.
Parlare agli animali fa bene alla nostra salute? La biologia del legame
Questa è forse la parte più sorprendente dell’intera ricerca.
L’effetto ossitocina
Secondo uno studio di Odendaal e Meintjes (2003), quando un proprietario interagisce con il cane – parlando, accarezzando, guardandolo negli occhi – aumentano nel cervello umano:
ossitocina (ormone dell’affiliazione)
beta-endorfina (benessere)
dopamina (ricompensa)
diminuisce il cortisolo (ormone dello stress)
La cosa ancora più curiosa?
Accade anche nel cane.
È un vero e proprio “loop biologico dell’affetto”, come lo chiama Miho Nagasawa (2015), che coinvolge voce,
sguardo e contatto.
Psicologia dello stress e solitudine
La review di Beetz (2012) conclude che la relazione con un animale:
riduce ansia e stress,
favorisce il recupero dopo eventi traumatici,
supporta l’umore,
aumenta la percezione di sicurezza sociale.
E anche parlare agli animali fa parte di questa relazione, perché spesso funziona come sfogo emotivo non giudicante.
Benefici cardiovascolari nel parlare agli animali
Le ricerche di Karen Allen (Università di Buffalo) mostrano che il semplice stare in presenza del proprio animale, anche senza contatto fisico, riduce:
pressione sanguigna,
frequenza cardiaca,
reattività a stress acuto.
Quindi sì:
parlare agli animali può avere effetti misurabili sulla salute fisica.
I benefici nel parlare agli animali
Per i cani: comunicazione, training e sicurezza
Per i cani la voce umana è uno strumento essenziale:
rafforza il legame affettivo;
facilita l’apprendimento;
aumenta la sensazione di sicurezza;
aiuta nei percorsi educativi (recall, focus, autocontrollo).
Come sottolinea l’educatore inglese John Bradshaw, “la voce è il primo ponte emotivo tra cane e uomo”.
Per i gatti: prevedibilità, routine e conforto
I gatti, pur essendo più indipendenti, traggono vantaggio dal linguaggio umano:
la voce crea routine prevedibili;
abbassa l’ansia territoriale;
rafforza la relazione nei momenti di fragilità (visita veterinaria, cambi di ambiente);
permette al proprietario di leggere e interpretare meglio i segnali del gatto.
Ma si può “esagerare”? Il confine tra affetto e antropomorfismo nel parlare agli animali
Gli esperti concordano su un punto:
parlare agli animali è sano, finché non sostituisce completamente le relazioni umane.
L’antropomorfismo – attribuire emozioni o ragionamenti troppo complessi agli animali – può portare a:
interpretazioni errate dei comportamenti,
aspettative irrealistiche,
gestione impropria dell’animale,
difficoltà educative.
La psicologa americana Katherine Houpt afferma:
“Gli animali hanno bisogni e linguaggi diversi: possiamo amarli moltissimo, ma dobbiamo rispettare la loro natura.”
Non bisogna smettere di parlarci:
bisogna solo ricordare che non sono esseri umani, ma animali con un loro mondo emotivo e cognitivo.
Cosa ne pensano veterinari, educatori e allevatori nel parlare agli animali?
Veterinari
Molti veterinari riconoscono che parlando al cane o al gatto durante la visita si ottengono:
minori livelli di stress,
migliore collaborazione,
più facilità nel contenimento,
riduzione dei comportamenti aggressivi.
Educatori cinofili
Per gli educatori:
la voce è uno strumento di rinforzo sociale,
il tono è più importante della parola,
un proprietario che “parla bene” al cane spesso ottiene un cane più collaborativo.
Allevatori
Gli allevatori che adottano il sistema ENS (Early Neurological Stimulation) e protocolli di socializzazione precoce notano che:
cuccioli abituati alle voci umane
crescono più equilibrati, sicuri e adattabili.
Quando parlare con l’animale diventa terapia
Esistono forme di pet therapy dove la voce del paziente è una componente fondamentale:
anziani con demenza,
bambini con disturbi dello spettro autistico,
persone con ansia sociale,
individui in riabilitazione emotiva.
La presenza dell’animale, unita alla possibilità di parlargli, riduce il senso di isolamento e favorisce l’espressione emotiva.
Consigli pratici per parlare bene a cani e gatti
Per i cani:
tono alto e modulato;
parole coerenti e ripetute;
evitare frasi lunghe;
usare la voce come rinforzo positivo;
accompagnare la voce con postura rilassata.
Per i gatti:
tono morbido, mai troppo forte;
chiamare spesso il gatto per nome;
costruire routine vocali (“è pronto il cibo”, “vieni qui”);
non forzare la comunicazione: il gatto risponde ai suoi tempi.

Quindi: parlare agli animali è una forma di amore ma anche di scienza
Parlare con gli animali non è un comportamento infantile, né un sintomo di solitudine: è un meccanismo comunicativo naturale, biologicamente radicato, che porta benefici a noi e agli animali.
La scienza conferma che:
la voce umana modifica le risposte cerebrali e fisiologiche degli animali;
aiuta a costruire relazione, sicurezza e fiducia;
riduce stress e ansia in entrambi;
migliora la gestione, l’educazione e la salute emotiva dell’animale.
L’importante è non perdere mai di vista la loro identità:
non sono persone, ma animali straordinari che sanno comprenderci molto più di quanto crediamo.
Bibliografia essenziale
Studi scientifici
Beetz A. et al. (2012) – Psychosocial and Psychophysiological Effects of Human–Animal Interactions. Base teorica sugli effetti della relazione.
Odendaal & Meintjes (2003) – I principali studi neurochimici su ossitocina e stress.
Andics A. et al. (2016) – Scansioni cerebrali sui cani durante l’ascolto del linguaggio umano.
Benjamin & Slocombe (2018) – Dimostrano che i cani preferiscono il linguaggio dedicato.
de Mouzon (2022) – Studio sulle reazioni dei gatti alla voce umana.
Saito et al. (2019) – Il gatto riconosce il proprio nome.
Libri consigliati
“The Genius of Dogs” – Brian Hare & Vanessa Woods
Un libro illuminante su intelligenza, comunicazione e neuroscienze del cane. Perfetto per proprietari, veterinari ed educatori.
“The Secret Language of Cats” – Susanne Schötz
Un testo fondamentale per capire vocalizzazioni, ritmo e linguaggio felino.
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